domenica 20 aprile 2014

Max Il Coraggioso


DSC_0006Max è un piccolo, tenero gattino nero con 2 occhioni dolci dolci che già dalla copertina ti chiede di portarlo con te in casa, per stare al calduccio in una buona libreria!
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E’ così tenero che vorrebbero metterle un fiocco, ma lui non vuole. Lui è un gatto coraggioso che da la caccia ai topi.
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Ma c’è solo un problema da risolvere…. come sono fatti questi benedetti topi? Max chiede ad ogni essere vivente che trova se è un topo e tutti dicono: “io ho un topo, no…. ma è appena andato via, a sinistra, a destra, è scappato di là, ecc”
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Finalmente si trova davanti a un topino furbacchione che alla sua domanda risponde: “Io un topo, no io sono un…. mostro”
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E lo indirizza verso il topo che dorme lì vicino, che in realtà è un mostro! Povero Max, viene mangiato ed sputato!
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Decide così che in realtà non deve per forza essere coraggioso. Tranne quando da la caccia… indovinate a chi?
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Un libro che ci fa riflettere a noi grandi su la così chiamata eredità genetica. Dobbiamo insegnare tanto ai nostri figli ma, per fortuna, tante cose loro le sanno già e così ci stupiscono ogni giorno. Quel “mamma, faccio da solo” ci ricorda che loro le cose le sanno fare ma siamo purtroppo noi a volte che impediamo la loro crescita pensando che sono ancora troppo piccoli. Max era già capace di caciare i topi senza che nessuno glielo insegnasse!
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Titolo Max il Coraggioso
Testo ? Ed. Vere
Illustrazioni ? Ed. Vere
Editoriale Rizzoli
Prezzo € 12,00
Pagine 32
Età di lettura 3 anni
Tempo di lettura 15 minuti

In questo libro il mostro "dorme della grossa". Pensavo fosse un sbaglio e invece ho imparato anch'io qualcosa. "Dormire della grossa", cioè profondamente, è un'espressione che affonda le radici nel terreno plurisecolare delle attività agricole, che ha dato vita a tante locuzioni figurate la cui trasparenza, con l'avvento della meccanizzazione nelle campagne e l'affermarsi della civiltà industriale, è andata inevitabilmente perdendosi. L'aggettivo grossa sottintendeva un tempo il sostantivo dormita e si riferiva a uno dei periodi di letargo in cui cadevano, durante l'allevamento, le larve dei bachi da seta. La grossa era la fase finale di riposo della larva, al termine di un ciclo di crescita che durava trenta-quaranta giorni e che prevedeva quattro dormite in coincidenza con le quattro mute della pelle e le cinque età attraversate dal baco in fieri. Durante i periodi di veglia, e dunque di attività, le larve (i bigatti) dovevano essere nutrite abbondantemente e con continuità di foglie di gelso, facendo attenzione che fossero sempre fresche e non bagnate. In origine, le quattro dormite erano definite della primadella secondadella terza e della quarta o della grossa, proprio perché il quarto periodo di inattività era particolarmente lungo e dava l'idea agli allevatori di essere fatto di un sonno pesante. Nel corso dei secoli, le tecniche di allevamento portarono a una riduzione delle dormite, che si ridussero a tre: la prima era detta pelosina (con riferimento alle caratteristiche dell'epidermide chitinosa della larva nella fase iniziale dello sviluppo), cinerina (con riferimento al colore dell'epidermide) la seconda e, finalmente, grossa la terza. Negli Avertimenti di Levantio Mantoano Guidiciolo: bellissimi, et molto utili, a chi si diletta di allevare, et nudrire quei cari animaletti che fanno la seta, pubblicato a Brescia nel 1564, si afferma che per conciliare il giusto sonno e favorire il corretto sviluppo delle larve bisogna che la foglia sia "benedetta" e somministrata "dalle mani de giovine e polita donzella vergine". Da qui forse, giù per li rami del tempo e della lingua italiana, l'impressione di gran beatitudine che spesso s'irradia dal viso di chi dorme della grossa.
Grazie a Cinzia Bellati da Treccani.it per la interessante lezione!