venerdì 13 marzo 2015

Antonio Rodríguez Almodóvar: una intervista di Sandra Penelas per "La Opiniòn"

Oggi ho trovato questa intervista in spagnolo ma credo si molto interessante quindi vi propongo la traduzione. 

Antonio Rodríguez Almodóvar 
Catedrático e Premio Nazionale di Letteratura Giovanile 2005.

La mente infantile chiede conflitto e le favole non traumatizzano ma preparano alla vita. 

Non sottovalutiamo l'intelligenza dei bambini, la morale non è necessaria"


Lei difende i valori pedagogici dei racconti popolari, ma negli ultimi anni sono nate voci critiche che pensano questi racconti possano trasmettere stereotipi sessisti oppure essere troppo drammatici (crudeli) per dei bambini. 

Non sono d'accordo. Tutto dipende della versione di cui parliamo. Cerco sempre di ricuperare quelle orali perché sono, senza dubbio, quelle che "nascondevano" più valori. Se alla Bella Addormentata le togliamo la seconda parte rimane soltanto
la storia un po' sciocca di una principessa condannata al sonno eterno salvata dal bacio di un principe azzurro. Ma dopo... lei deve sopravvivere in mezzo a mille difficoltà perché lui se ne va in guerra e deve affrontare la suocera edipica che mangia i suoi nipoti. La gente dirà che è quasi peggio (ride). La verità è che bisogna partire da una base più solida per analizzare le favole. Hanno un valore simbolico e attraverso il racconto si rappresentano altre cose: il male, il ferimento gratuito, la mancata protezione dei bambini... Il contrasto mentale tra quello che un bambino ascolta e il suo vissuto personale è la cosa davvero importante perché così si sente protetto dalla sua famiglia e rafforza il suo esistere in questo mondo. Tutto questo è un meccanismo simbolico della mente sul quale ci sono innumerevoli studi. 

Si da ai bambini meno capacità per differenziare la vita reale di quella fittizia per quella visione che oggi invade ogni ambito di cosa sia politicamente corretto?

Hansel y Gretel, che in Spagna era molto conosciuto e raccontato di forma orale con i nomi Periquin y Periquina, racconta che prima o poi dobbiamo lasciare il nido e che è meglio sapere fin da subito che la vita è una strada in salita, ardua e difficile. Ma anche e sopratutto che ce la puoi fare. E' un messaggio simbolico che fa si che il bambino sia pronto all'avventura della vita e non creda che tutto sarà una strada di rose senza spine. 

Secondo lei uno dei problemi della società attuale è che i bambini vivono in una bolla fino all'età adulta?

E quindi... l'incontro con la vita e piuttosto uno scontro brutale. Sentirsi di colpo nel bosco della vita senza avere nessun appiglio a cui aggrapparsi e cento volte peggio di ascoltare una favola. 

C'è posto per le favole nel mondo digitale in cui viviamo oggi?

Penso di si. Il problema delle versioni digitali e che semplificano troppo i racconti. La struttura narrativa deve includere un conflitto iniziale importante, il racconto in se con intriga e un finale coerente. Questo fa si che una storia, oltre a dare al bambino una visione del mondo, lo aiuti a costruire la struttura mentale. La cosa fondamentale delle favole è che la loro struttura interna aiuti a costruire l'impalcatura mentale. Questo è essenziale, anche oltre i valori. Machado, uno dei miei autori preferiti, diceva che "lo importante es formar bien las entendederas" ("L'importante è formare bene il comprendonio") 

Da tutto questo si evidenzia l'importanza di leggere favole sia a casa che a scuola...

Ovviamente. E che i maestri le raccontino con amore, perché il valore affettivo è importantissimo per fissare bene la storia e che la mente di senta confortata. Le cose politicamente corrette hanno fatto tanti danni, obbligando le case editrici a  pubblicare racconti costruiti male o "stupidate", di questo oggi ce n'è in abbondanza. Devo alogiare gli illustratori spagnoli perché ce ne sono di veramente straordinari, ma quando leggi la storia ti chiedi quando succederà qualcosa. Non è giusto. La mente infantile chiede a gran voce una altra cosa.... un conflitto! Si traumatizza? Ma no, se mai il contrario. Senza un riferimento simbolico perché capiscano da soli che le difficoltà sono là, i bambini cresceranno tra il cotone e pensando che tutto sa facile. La dottrina non serve con i bambini, servono le buone favole raccontate per stimolare la comprensione del mondo in tutta la sua logica. 

Ana Maria Matute, che le diede il sopranome di "terzo fratello Grimm" ha sempre rivendicato la qualità letteraria delle favole.

Si, oltre a ben architettate le favole sono belle e la bellezza aggiunge un valore importantissimo. Il valore estetico de la vita e della vita letteraria non si impara di un giorno all'altro, è una costruzione paziente finché nasce davvero la voglia di leggere buona letteratura. E con storie mediocri non succede così. La letteratura infantile e giovanile a volte manca di una critica seria ed è inoltre molto triste che sia una materia ottativa nelle scuole di Magisteri (ovvero Pedagogia in Italia n.d.t). Dovrebbe essere una materia obbligatoria di 12 crediti (un intero anno scolastico).

I bambini che oggi godono con le favole saranno i lettori di domani?

Certamente. O i non lettori. Perché l'amore per la lettura si sviluppa con le buone storie. Prima ce n'erano decine di favole e racconti orali tramandati in famiglia e ognuna aveva il suo prediletto che aiutava a costruire in gruppo. Mi hanno ringraziato molte volte per aver ricuperato il racconto del nonno che non si trovava da nessuna parte e poi... mi dicevano che la storia non era proprio così! (ride). Non sottovalutare mai l'intelligenza dei bambini, vi prego. Hanno bisogno di una struttura mentale che loro stessi interpreteranno e capiranno con il tempo, senza fretta. La morale non è necessaria. Ana Maria Matute era grande nemica delle morali nelle storie. Diceva sempre che i bambini non sono stupidi. Bisogna raccontare la favola e basta. Il contrario offende e non da valore veramente a quello che un bambino è capace di fare ed essere.